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La Féra de Sant'Üstì (La fiera di Sant'Agostino)

« La giostra splendeva di mille colori, di lustrini, di specchi, la giostra con i cavalli a dondolo, che girava al ritmo del valzer del Faust suonato dall'organo a pieno volume. Intorno i padiglioni del tiro a segno con i pipe de gès, quello dei fantocci di legno da "tre palle un soldo", si alternavano con i baracù dei contorsionisti o della donna barbuta, con il "salone" degli specchi deformanti, fino ai banchèc' del torrone e del filato, fino al Circo Ruffini che, con l'annesso serraglio, era presente da decenni alla féra de Sant'Üstì.
La folla si pigiava, si urtava, si sospingeva intrecciando un continuo andirivieni: vilàn con la filsa d'i biligòc al collo, ragazzini con il pallone o la "lingua di suocera", ragazze eccitate che si cacciavano dappertutto in cerca di complimenti, di occasioni; tutta, insomma, Treviglio in vestìt de mèsa stegiù, tempo permettendo, qualcuno già con il cappello di paglia.
A la Tor, invece, in via Galliari, si allineavano bancarelle di dolciumi e di fiori artificiali, per antica consuetudine, ed in quel giorno donare un fiore a una ragazza era, tutta intiera o mezza, una dichiarazione d'amore.
Così prima del pozzo della morte, prima delle autopiste, prima del calcinculo, nella vecchia fiera alla buona.»

(Tullio Santagiuliana. Ma ga n'è amò?, 1980)